Gli assiomi della comunicazione

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Quando si parla di comunicazione si devono scomodare diverse discipline, una fra tutte la psicologia

Il campo della comunicazione mi ha sempre affascinato, non solo dal punto di vista professionale, ma anche e soprattutto dal punto di vista personale.

E’ davvero interessante scoprire quali dinamiche si celano nel rapporto tra due persone, quali equilibri si instaurano all’interno di un team, quante variabili possono crearsi quando si sceglie di comunicare in un modo rispetto ad un altro.

Una delle analisi più importanti su questo tema l’ha realizzata Paul Watzlawick, psicologo e filosofo esponente della Scuola di Palo Alto. 

Nel 1967 Watzlawick pubblica “La pragmatica della comunicazione umana” che individua i famosi 5 assiomi della comunicazione:

1. NON SI PUO’ NON COMUNICARE
E non si può non avere un comportamento. Qualsiasi cosa facciamo o non facciamo comunica una volontà, una decisione o una non decisione. Anche il silenzio rientra in un rapporto comunicativo e segnala una presa di posizione ben precisa. La comunicazione infatti può essere volontaria o involontaria, efficace o non efficace. La domanda che ci si deve porre non è “se stiamo comunicando” ma “cosa stiamo comunicando”.

2. ESISTONO DUE LIVELLI DI COMUNICAZIONE
Quando comunichiamo qualcosa a qualcuno non trasmettiamo mai una semplice informazione, bensì inseriamo all’interno della conversazione diversi aspetti, come il tono e il volume della voce, che ne determinano sia il contenuto che la relazione. 

Questo discorso non vale solo per la comunicazione verbale, ma anche per la comunicazione scritta. Lo stampato maiuscolo, per esempio, è utilizzato per urlare un concetto, mentre il corsivo è utilizzato per trasmettere un messaggio più discreto. Non è un caso quindi se i creatori di questi famosi claim “Think difference” e “JUST DO IT” hanno utilizzato due strategie diverse basate su due livelli di comunicazioni ben distinti, ciascuno adatto al proprio target di riferimento.

3. LA NATURA DELLA RELAZIONE DIPENDE DALLA PUNTEGGIATURA
Spesso la stessa azione, o la stessa comunicazione, può essere interpretata in modo diverso da una persona a un’altra. Questo da cosa dipende? Dalla punteggiatura, ossia dal modo in cui ognuno tende a credere che l’unica versione possibile dei fatti sia la propria.

La comunicazione è un flusso continuo di eventi e le persone preferiscono cogliere alcuni messaggi rispetto ad altri. Da qui possono nascere conflitti o, al contrario, possono crearsi relazioni durature basate su scambi reciproci e prospettive simili.

4. LA COMUNICAZIONE AVVIENE ATTRAVERSO CANALI VERBALI E NON VERBALI
Il canale verbale si basa su una modalità digitale
, riguarda l’uso delle parole, cioè dei segni usati convenzionalmente per indicare qualcosa. La parola c-o-m-p-u-t-e-r è formata da lettere che rimandano a un oggetto preciso, conosciuto, ma la parola e l’oggetto non hanno relazioni strutturali. 
Il canale non verbale, invece, si basa su una modalità analogica, su una somiglianza tra la comunicazione e l’oggetto della comunicazione, in questo caso il significato corrisponde con il significante.

Questi due canali però sono efficaci solo se tutte le loro componenti trasmettono il medesimo messaggio.
Se, per esempio, durante una convention il pubblico in sala segue attentamente il relatore, prende appunti, ma contemporaneamente scuote la testa, siamo di fronte a un comportamento non verbale incongruo.

5. LE INTERAZIONI POSSONO ESSERE COMPLEMENTARI O SIMMETRICHE
Di fronte a un rapporto tra due o più persone le interazioni che si instaurano possono essere sullo stesso piano e quindi di pari livello (dette complementari), oppure su piani diversi (dette simmetriche). Nel primo caso spesso assistiamo a un rapporto tra colleghi oppure tra marito e moglie. Nel secondo caso invece assistiamo a un rapporto tra datore di lavoro e dipendente oppure tra genitori e figli.
Per entrambe le situazioni spesso ci accorgiamo della differenza di atteggiamento attraverso la metacomunicazione:  i gesti,  il tono di voce e il lessico utilizzato.

Concludendo: perché ho voluto trattare questo argomento? Perché per svolgere al meglio la mia professione questi principi devono essere sempre ben chiari nella mia mente.

Quando mi approccio a un cliente, a una piccola o grande azienda, devo sapere che esistono regole universalmente prefissate. Che il linguaggio verbale e non verbale hanno la stessa importanza e che l’ascolto gioca un ruolo altrettanto fondamentale.

 

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